mercoledì 23 maggio 2012

Natura umana e altri argomenti

La natura umana è solo un'astrazione o ha fondamenti empirici ed elementi materiali dimostrabili? Quando parliamo di "mente" cosa intendiamo e come può essere definita in termini concreti?


Ho trattato, e continuerò a trattare, argomenti che percorrono strade i cui reticoli legano fatti sociali, politici ed economici non sempre palese. Ovviamente i temi che ho affrontato – e affronterò - andrebbero ampiamente approfonditi, ulteriormente discussi e chiariti, ma non sono così presuntuoso (un po' si, ma non troppo) da credere che ciò migliorerebbe la lettura l'interesse  e la loro comprensione.
 
Ho accennato a questioni - e affronterò ancora il discorso – che riguardano la natura umana. Tale questione è un problema immenso: forse dovrebbe addirittura partire dall’omonimo Trattato di Hume che ancora oggi presenta vari spazi di discussione se non altro a dimostrazione di quanto ancora alcuni concetti (per non dire molti) a distanza di circa tre secoli non abbiano trovato una definizione soddisfacente. Tant’è che autori di diverse discipline si richiamano ancora a quell’opera e molte volte dando per scontato concetti quali: istinto, passione e i, non certo più chiari, tendenza dell’uomo e impulso naturale. Non c’è dubbio che Hume abbia aperto la strada alla psicologia scientifica portando fuori dalla speculazione metafisica il discorso sull’uomo, ma questa è tutt’altra faccenda e riguarda gli “addetti ai lavori”.

 
Un altro concetto che richiama in certo qual modo la questione della natura umana è l’idea della mente umana come “tabula rasa” di Locke. L’idea potrebbe far pensare alla concezione di uno sviluppo storico della natura umana qualche volta accettata anche da pensatori non di orientamento marxista, ma anche su questo punto credo vi sarebbe da discutere a lungo sul termine “mente” il cui significato è sovente usato in modo assodato e generico. “Mente”, “natura umana”, “interesse personale” e molte altre parole che implicano concetti complessi esprimono in realtà significati molto diversi, e non sembra esistere una formalizzazione anche in ambito più strettamente specialistico o, in ogni caso, non sempre è condivisa.

 
Indicativamente credo possano essere tutt'al più considerate coordinate necessarie al fine di definire la soggettività umana o le peculiarità del genere umano, ma non descrivono intelligibilmente l’essenza dell’uomo che sfugge alla convenzionalità e alla limitatezza delle parole. Affermare per esempio che la mente, nel senso lockiano, è una tabula rasa cosa significa? Semplicemente che l’uomo nasce ignorante (nella più ampia accezione, dunque non solo per quel che riguarda le conoscenze sul mondo, ma anche per i sentimenti o le passioni) o perché manca anche della organizzazione e della formazione strutturale che gli consente di “muoversi” e sopravvivere nella realtà come gli altri animali? O altro ancora? 


Quando parliamo di mente intendiamo comprendere anche le disposizioni biologiche o l’apparato psichico e intendiamo comprendere sia la sfera intellettiva che la sfera affettiva?
La mente e la natura umana sono la stessa cosa, indicano aspetti diversi di un tutto o devono essere considerate categorie diverse? In quale misura quindi la mente alla nascita è una tabula rasa? E ancora: per nascita intendiamo il neonato quando viene alla luce o ancora prima? Se intendiamo il momento in cui viene alla luce sarebbe ben difficile sostenere l’idea della tabula rasa per l’ovvia considerazione che esistono per il bambino esperienze prenatali e queste possono aver già in qualche modo organizzato il suo futuro psichismo.

 
Secondo Berger e Luckmann “Se è possibile dire che l’uomo ha una natura ha più significato dire che l’uomo costituisce la propria natura, o, più semplicemente, che l’uomo produce se stesso. “ [1969], affermazione che potrebbe sottoscrivere anche il marxista più ortodosso, ma recentemente è stata proposta un’interpretazione tesa a recuperare un certo biologismo dell’evoluzione e della natura umana all’interno del marxismo proponendo da parte di Peter Singer una cultura di sinistra darwiniana, aggiungerei in senso stretto, condivisa tra l’altro anche da posizioni libertarie (vedi “Nuovi percorsi per l’anarchismo” di Thomas S. Martin – pubblicato su www.nonluoghi.info).

 
Per finire un'ultima precisazione: “L’esortazione a mantenere un “atteggiamento” pragmatico che fa appello al “principio di realtà” o ad una “ragione strumentale”, e che pretenderebbe di essere indifferente alla particolare condizione sociale o politica e si maschera dietro a metodologie che sono “lo strumento di tutte le azioni della società, ma non deve stabilire i modelli di vita sociale e individuale” è volto a creare l’impressione di un distacco imparziale da parte di una certa ricerca o di una certa politica che si pensa in grado di formulare giudizi obiettivi. In realtà gli strumenti (teorici) e le metodologie sono solo apparentemente imparziali.”

 
Non intendo affermare in assoluto che non esistano enunciati obiettivi e fondati empiricamente, e insomma che in qualche modo non si possa fare della scienza umana, intendo però affermare che esistono asserzioni che si trovano ai confini o ai margini (e forse nemmeno tanto ai margini) delle varie discipline che nulla hanno a che vedere con verità scientifiche e che dipendono unicamente (e sottolineo – unicamente) dalle convinzioni, dalle simpatie, dalle concezioni del singolo studioso e che invece vengono spacciate per “verità”. Questo, va detto, accade tanto a destra che a sinistra e non sarebbe ripugnante se i vari autori dicessero chiaramente “io sono liberale”, “io sono conservatore, “io sono marxista” e via di questo passo, evitando di mascherarsi dietro ad affermazioni falsamente neutrali, la quale neutralità personalmente ritengo una baggianata.

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